L’America è l’America


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Un tredder alla 508 Silver State

L’America è l’America, e non c’è niente da fare, il fascino del west mi ha sempre fatto sognare.
Ho imparato in questi pochi anni a azzardare, a credere nei miei sogni di sportivo “amatore”.
La Race Across America ha fatto da guida nel sognare e perseverare sulla mia volontà, e un po’ di questa gara l’ho assaporato, forse la parte più coinvolgente (il west appunto, California , Arizona , Utah e Colorado).
Nel 2016 e 2017 ho partecipato alla Race Across the West, gara introduttiva alla RAAM con 1500Km in questi posti indimenticabili, terminandola al secondo tentativo, in 75 ore.
Di quella gara mi è rimasto sempre un “non può finire qui” e per molti mesi mi sono chiesto cosa potevo fare per riassaporare quelle emozioni, quei momenti, quell’odore d’asfalto caldo, quell’aria cosi secca da bloccare ogni grammo di saliva che avevo in gola.
Sapevo già che c’era la 508 Silver State (ovvero 508 miglia) in Nevada, e sapevo che questa è forse la capostipite di tutte le gare di ultracycling , creata appositamente come gara preparazione per la RAAM da John Marino , colui che ha creato la RAAM nel 1982.
In passato la 508 Silver State si chiamava Furnace Creek 508 e percorreva una strada differente ma lo spirito, i luoghi e la durezza della gara sono rimasti .
La gara ha una lunghezza di 820 Km e è un bastone andata/ritorno da Reno a Eureka (Nevada) lungo la Highway 50, definita la statale più desolata d’America.
Si corre quasi sempre su un’altitudine di circa 2000mt con un dislivello complessivo di gara sui 7000mt (mi sembra) e una delle particolarità di questa zona è l’elevata escursione termica tra giorno e notte, tipica delle zone desertiche.
La temperatura massima è sui 35 gradi di giorno (a settembre) e scende intorno ai -4/-5 della notte; il freddo non è così atroce come da noi poiché c’è poca umidità e ho percorso circa 2 orette a -2/-3 gradi, senza avere grossi problemi.
Ho fatto questa gara in formula solo supported, cioè con un equipaggio che mi seguiva in auto, formato da 3 persone (Luca Masini mio amico e crew chief , Antonio Baldon già esperto come supporto in queste gare, e Eloise Nania , come videomaker per potermi aiutare a raccontare con foto e filmati questa spettacolare esperienza).
Il tracciato è lungo una zona desertica ma ciò che ha reso dura questa gara è stato un insieme di 2-3 fattori, ai quali pensavo di esser preparato dopo 2 edizioni di RAW e invece come sempre mi ritrovo a dire: “dura, maledettamente dura.”
In primis la strada, rettilinei assurdi e lunghissimi. Decine e decine di km tutti uguali che psicologicamente soprattutto al ritorno ti mettono al tappeto.
Secondo aspetto il tipo di manto stradale: non è come correre da noi, l’asfalto è grossolano e poco manutentato e così ti trasmette un’infinità di vibrazioni che dopo una decina di ore si iniziano a avvertire.
Terzo aspetto l’assenza completa anche per oltre 160km di un minimo di centro abitato, e quindi di un obiettivo per un pit stop. Fermarsi lungo queste strade, anche se con una macchina a seguito, vuol dire fermarsi nel nulla, cucinarsi dal caldo e fare poi una fatica infinita a riprendere il ritmo nel partire di nuovo.
La partenza della gara è stata alle 5 del mattino da Reno, con una temperatura di circa 8 gradi e buio completo. Eravamo poco più di una trentina di partecipanti.
I primi 250km son volati con entusiasmo e subito ho apprezzato la scelta di avere una unica bici con prolunghe smontabili velocemente quando c’era salita vera (poche volte e mai impegnativa). Non ultimo son convinto che la simbiosi che ho con il telaio in titanio di T°RED mi abbia aiutato molto nel posticipare le problematiche croniche a fondoschiena e collo che ho dopo i 400/500Km in queste gare.
La stanchezza fisica ha iniziato a farsi sentire verso il tardo pomeriggio ma mi ero posto l’obiettivo di arrivare entro le 10 di sera al giro di boa (410Km e circa 3500dsl) e così è stato. Lì ho fatto uno stop di circa 3h e ho accusato le solite problematiche che ormai conosco e so gestire: nausea, senso di vomito e incapacità di rialzarmi e rimettermi in sella causa probabilmente la pressione sotto zero.
Di qui sapevo che la tattica era rialzarsi dal baule dell’auto, nel quale mi ero riposato, in modo lento, lentissimo, pena lo svenimento. Una procedura di alcuni minuti, quando ti succede la prima volta fermi tutto, ma ora so come reagisce il mio corpo e quindi è solo un fastidioso intoppo, è solo questione di pazienza mentale.
Si riparte per il rientro all’una di notte, 410Km da percorrere e finche è notte il fisico tiene bene, tant’è impegnato a controllare il freddo. Quando il sole si alza da dietro le rocce la temperatura si alza velocemente e in circa 2 orette si passa dai -2 ai 20/25 gradi.
Da metà mattino- inutile che lo nego e soprattutto ho stampato nella mente tutte le ore seguenti – è un calvario psicologico e fisico , rettilinei infiniti (gli stessi dell’andata ma da un prospettiva post 4/500Km) , infiniti e infiniti, guardo il Garmin ma i km non passano mai e soprattutto non ho posti dove potermi stendere al fresco nemmeno per qualche minuto.
In questi rettilinei si vedono in lontananza le montagne che si dovranno attraversare, parliamo di decine di km, in leggera salita o discesa (1/ 2 %) e poi raggiunte queste sommità, si intravede l’infinito rettilineo che ci separa da un’ulteriore montagna. Snervante: è questa la durezza di questa gara.
Solo nel primo pomeriggio, a Fallon, troviamo il primo centro urbano e ci infiliamo in un McDonald a refrigerarci un po’, e poi mi stendo all’ombra della parete di un hotel.
Mi accorgo che ho i piedi un po’ gonfi: via calzini e solette e gli ultimi 150 Km li percorro così, con tanta voglia di arrivare e buttarmi definitivamente su un letto.
Gli ultimi 150km abbiamo come ulteriore nemico un non trascurabile vento contro che rallenta notevolmente la media, quindi scelgo di prendermela comoda e aspettare che il sole vada sotto.
Quando inizia il tramonto automaticamente il fisico si risveglia e inizia a menare.
Anche la crew si strabilia, tant’è che gli ultimi 50 Km in cui ci sono 8Km con punte al 13/14% di pendenza le gestisco senza particolare sofferenza.
Per l’ennesima volta mi rendo conto di quanto pazzesco sia il nostro corpo, e quanto fondamentale sia conoscerlo, conoscere le crisi, saperle gestire e superare. E far questo è una sola questione mentale, che si acquisisce sommando tutte le volte che ci si trova in queste difficoltà, che riassumendo è esperienza.
Arrivo a Reno alle 22 del sabato sera, dopo 41h dalla partenza, alla media di 20Km/h, soddisfatto del risultato considerato il poco allenamento e soprattutto orgoglioso di aver gestito bene il processo mentale a cui ti sottoponi in queste situazioni.
La RAAM? Credetemi, è tutta un’altra storia.

La Aracnide di Walter
Aracnide A02RD Sand Spider Custom
Telaio custom con studio parametrico delle geometrie
Grafiche sabbiate su titanio satinato
Forcella con grafiche custom in azzurro e nero
Allestimento Shimano DuraAce con freni TRP SLC Carbon, ruote DuraAce C40
Componentistica Deda Superleggero

“Ho fatto tantissimi chilometri su questa bici, e non posso dire altro che è la MIA bici, non la cambierei per nessuna bici al mondo. Aracnide Titanio è la mia bici definitiva, non tornerei più al carbonio, nemmeno se fosse T°RED”.